martedì 4 dicembre 2012

Cimitero Islamic




Pubblicata su: Corriere Di Bergamo, Bergamo news e L'eco di Bergamo

CIMITERO ISLAMICO: tra diritti e privilegi



Egregio Direttore,

mi permetto di inviare questa lettera per dare un piccolo contributo alla discussione che in queste ultime settimane si è accesa sul tema dell’apertura del cimitero islamico di Colognola. Premetto che non è mia intenzione entrare nel merito delle questioni amministrative o legali in corso, né tanto meno esprimere un giudizio politico sulla questione.

Da semplice cittadino, dopo aver letto tanti articoli e commenti, voglio esprimere una mia considerazione sul problema.

È “una questione di civiltà, umanità e giustizia” ha ribadito il sindaco Tentorio. Vi sono “i diritti in gioco” ha scritto il Vice Presidente Acli di Bergamo. Numerosi giornalisti parlando del funerale del piccolo Yasin (seppellito grazie ad una deroga del sindaco nel cimitero di Colognola) hanno titolato “Yasin, simbolo del dialogo”. I genitori del piccolo Yasin “Si può vivere uniti e in pace anche se di religioni diverse” e poi ancora “E’ ora che ci si renda conto che questa è l’Italia e che l’amore vince su tutto, anche sugli scontri tra religioni e battaglie politiche”.

Sono frasi molto belle e toccanti queste che ho appena riportato, sono frasi che partono tutte da un presupposto: gli islamici non possono seppellire i propri cari in Italia e soprattutto a Bergamo. Commentando la presenza al funerale dell’Assessore ai servizi sociali, il Presidente della Comunità Islamica Bergamasca, a conferma di quanto sopra riportato, ha detto: “Per noi la convenzione non può aspettare. Ci vediamo costretti a portare le salme dei nostri morti nei paesi d’origine, ma si tratta di cittadini italiani, le cui famiglie vivono qui da anni”.

E se questo presupposto fosse falso? E se l’apertura di una sezione speciale del cimitero islamico in Colognola fosse un privilegio e non un diritto? Mi spiego meglio.

Tutti i cimiteri di Bergamo e d’Italia non sono cimiteri cattolici, sono cimiteri civici dove possono essere seppellite tutte le persone senza distinzione di origine, di cittadinanza e di religione. Pertanto in tutti i reparti del Cimitero Monumentale e degli altri due (Grumello e Colognola) i musulmani possono oggi, ma anche ieri essere tranquillamente seppelliti.

E quindi dove è il problema a Bergamo? È forse impedito a qualcuno che abbia una religione diversa dalla cattolica di seppellire i propri cari? Non mi risulta.

E allora come mai nasce questo equivoco? Come mai si fanno affermazioni tanto toccanti quanto fuorvianti? Per difendere una idea o un progetto, dico io che è tutto il contrario dell’ideale di integrazione che gli stessi rappresentanti della comunità musulmana vogliono far credere.

Infatti la legge italiana dà facoltà e non obbligo ai Comuni di istituire all’interno dei cimiteri civici delle sezioni speciali per i non cattolici, forse nella convinzione che l’integrazione si può conseguire anche condividendo gli spazi all’interno dei cimiteri, senza creare particolari delimitazioni.

In ogni caso, tutte le regole del cimitero civico e sottolineo tutte, devono essere rispettate anche nelle sezioni speciali, in quanto parti integranti del cimitero stesso.

Il fatto che la Comunità Islamica di Bergamo, per esempio, abbia espressamente voluto e ottenuto un accesso con una porta distinta rispetto all’entrata utilizzata da tutti mi fa pensare che non ci sia una volontà di integrazione ma invece una volontà di distinzione e separazione rispetto alla nostra comunità. Le istituzioni devono quindi assecondare tale rivendicazioni ? E piu’ in generale noi tutti intesi come comunità dobbiamo accettare, per paura di essere tacciati di razzismo, tale visione di “ integrazione “ ?

Io penso di no, penso invece che le tematiche dell’integrazione debbono essere strettamente collegate al rispetto delle regole (che debbono valere per tutti ), al principio dell’equita’ e al principio che i fondamenti delle nostra cultura e del nostro “stare insieme” non possono essere derogati per i desideri di alcune minoranze.



R. Cadonati



Bergamo 19.11.2012

venerdì 23 novembre 2012










CIMITERO ISLAMICO: tra diritti e privilegi *



Egregio Direttore,

mi permetto di inviare questa lettera per dare un piccolo contributo alla discussione che in queste ultime settimane si è accesa sul tema dell’apertura del cimitero islamico di Colognola. Premetto che non è mia intenzione entrare nel merito delle questioni amministrative o legali in corso, né tanto meno esprimere un giudizio politico sulla questione.

Da semplice cittadino, dopo aver letto tanti articoli e commenti, voglio esprimere una mia considerazione sul problema.

È “una questione di civiltà, umanità e giustizia” ha ribadito il sindaco Tentorio. Vi sono “i diritti in gioco” ha scritto il Vice Presidente Acli di Bergamo. Numerosi giornalisti parlando del funerale del piccolo Yasin (seppellito grazie ad una deroga del sindaco nel cimitero di Colognola) hanno titolato “Yasin, simbolo del dialogo”. I genitori del piccolo Yasin “Si può vivere uniti e in pace anche se di religioni diverse” e poi ancora “E’ ora che ci si renda conto che questa è l’Italia e che l’amore vince su tutto, anche sugli scontri tra religioni e battaglie politiche”.

Sono frasi molto belle e toccanti queste che ho appena riportato, sono frasi che partono tutte da un presupposto: gli islamici non possono seppellire i propri cari in Italia e soprattutto a Bergamo. Commentando la presenza al funerale dell’Assessore ai servizi sociali, il Presidente della Comunità Islamica Bergamasca, a conferma di quanto sopra riportato, ha detto: “Per noi la convenzione non può aspettare. Ci vediamo costretti a portare le salme dei nostri morti nei paesi d’origine, ma si tratta di cittadini italiani, le cui famiglie vivono qui da anni”.

E se questo presupposto fosse falso? E se l’apertura di una sezione speciale del cimitero islamico in Colognola fosse un privilegio e non un diritto? Mi spiego meglio.

Tutti i cimiteri di Bergamo e d’Italia non sono cimiteri cattolici, sono cimiteri civici dove possono essere seppellite tutte le persone senza distinzione di origine, di cittadinanza e di religione. Pertanto in tutti i reparti del Cimitero Monumentale e degli altri due (Grumello e Colognola) i musulmani possono oggi, ma anche ieri essere tranquillamente seppelliti.

E quindi dove è il problema a Bergamo? È forse impedito a qualcuno che abbia una religione diversa dalla cattolica di seppellire i propri cari? Non mi risulta.

E allora come mai nasce questo equivoco? Come mai si fanno affermazioni tanto toccanti quanto fuorvianti? Per difendere una idea o un progetto, dico io che è tutto il contrario dell’ideale di integrazione che gli stessi rappresentanti della comunità musulmana vogliono far credere.

Infatti la legge italiana dà facoltà e non obbligo ai Comuni di istituire all’interno dei cimiteri civici delle sezioni speciali per i non cattolici, forse nella convinzione che l’integrazione si può conseguire anche condividendo gli spazi all’interno dei cimiteri, senza creare particolari delimitazioni.

In ogni caso, tutte le regole del cimitero civico e sottolineo tutte, devono essere rispettate anche nelle sezioni speciali, in quanto parti integranti del cimitero stesso.

Il fatto che la Comunità Islamica di Bergamo, per esempio, abbia espressamente voluto e ottenuto un accesso con una porta distinta rispetto all’entrata utilizzata da tutti mi fa pensare che non ci sia una volontà di integrazione ma invece una volontà di distinzione e separazione rispetto alla nostra comunità. Le istituzioni devono quindi assecondare tale rivendicazioni ? E piu’ in generale noi tutti intesi come comunità dobbiamo accettare, per paura di essere tacciati di razzismo, tale visione di “ integrazione “ ?

Io penso di no, penso invece che le tematiche dell’integrazione debbono essere strettamente collegate al rispetto delle regole (che debbono valere per tutti ), al principio dell’equita’ e al principio che i fondamenti delle nostra cultura e del nostro “stare insieme” non possono essere derogati per i desideri di alcune minoranze.



Roberto Cadonati



Pubblicato su Corriere della Sera ed. Bergamo e Bergamonews il 22.11.2012

venerdì 18 maggio 2012






La responsabilità civile dei giudici.





Un emendamento del deputato leghista Pini, passato contro il parere del governo tecnico(?) Monti, consente, a chi si senta danneggiato dalla decisione di un giudice in un processo, ad agire direttamente nei confronti del magistrato anzichè, come avviene da sempre, nei confronti dello stato.

Ricordiamo che sulla responsabilità dei giudici si era già espresso favorevolmente il popolo italiano in un referendum che, come altri, leggi finanziamento ai partiti, era stato prontamente aggirato con norme che tuttora disattendono la volontà popolare.

Solo una leggera digressione per rimarcare che tale incongruenza comunicativa segnala una democrazia di facciata, cioè la sua totale assenza sostanziale. Che senso ha consentire un referendum popolare se poi non si dà seguito alla volontà espressa dal voto? Non è forse esprimere, con totale protervia, che le direttive del popolo si seguono solo se gradite e che la volontà dei vari potentati, più o meno ammantati dal sacro velo istituzionale, è ciò che realmente conta?

Di tale protervia si fanno questa volta paladini i magistrati, che, dopo essere riusciti a sventare, direttamente o indirettamente, le direttive referendarie, si oppongono al voto, democraticamente espresso in parlamento, cioè dal popolo che ha nel parlamento i propri rappresentanti, che introduce la norma sulla loro diretta responsabilità.

In un convegno a Bergamo sul tema della responsabilità dei giudici, presente il rappresentante territoriale dell’Anm e un giudice componente del comitato direttivo centrale dell’Anm oltre a rappresentanti politici e di altre istituzioni, il giudice Ezia Maccora afferma: “Il magistrato si trova a decidere tra due parti. Sia che condanni, sia che assolva scontenta per forza una delle due (…) “se passasse il messaggio che il giudice crea danno ogni volta che scontenta qualcuno, l’attività si bloccherebbe (…) non saremmo più sereni nel giudicare con il rischio di scegliere la strada indicata da sentenze già emesse piuttosto che contribuire all’evoluzione del diritto”.

Ora io non sono uno studioso di diritto e non voglio entrare nel merito giurisprudenziale, sono però competente in pragmatica della comunicazione e da questo punto di vista analizzerò il messaggio e i suoi effetti dettagliando la mia analisi.

1. “Il magistrato si trova a decidere tra due parti”: molti di noi, io tra questi, credono che il giudice sia chiamato all’applicazione delle leggi in vigore e non già a decidere in favore di una tra due parti, eventualmente in contesa tra loro, la decisione è “effetto” dell’applicazione della legge e non la causa.

2. “ …se passasse il messaggio che il giudice crea danno ogni volta che scontenta qualcuno, l’attività si bloccherebbe” In questo passaggio abbiamo, ben due violazioni comunicazionali relative alla categoria- modifica del significato-.

i. La prima è un presupposto che è conseguenza dell’affermazione precedente e cioè che la contestazione al giudice sia motivata dalla scontentezza di una delle parti per effetto della decisione del giudice e non già dovuta al fatto che il giudice, attraverso una scorretta o errata interpretazione della legge, danneggi una delle due parti. Il termine scontentare richiama uno stato d’animo di cui sicuramente il giudice non si deve occupare, e il punto in questione non è lo stato d’animo ma la corretta osservanza dei fondamenti del proprio lavoro da parte del giudice stesso. Nel caso opposto si ha un danneggiamento di cui è deve farsi carico colui che lo ha indebitamente prodotto, cosa che avviene per tutte le altre categorie di lavoratori e di professionisti. Anche il vigile urbano quando dà una multa scontenta chi la multa la deve pagare, e il fatto che passi costantemente il messaggio che “il vigile scontenta l’automobilista” non ha mai impedito che il vigile la elevi e che il cittadino possa opporvisi, posto che riesca a dimostrare l’infondatezza della violazione.

ii. La seconda violazione è del tipo causa-effetto. L’affermazione “se passa il messaggiol’attività si bloccherebbe” non è dimostrata: in che modo una idea (del danno) può bloccare una attività? Avete mai visto idee che se vanno per il mondo a incatenare la gente? È chiaro che no! Forse si vuol affermare che i magistrati si bloccherebbero se la norma entrasse in vigore? Non mi risulta che i ricorsi alle contravvenzioni al codice della strada abbiano bloccato l’attività dei vigili, e perché mai dovrebbero (ma è anche vero che neppure per i vigili esiste la responsabilità professionale)

3. “ Non saremmo più sereni nel giudicare” Cioè il giudice vorrebbe/potrebbe, magari serenamente, giudicare colpevole un innocente, così che, oltre alla volontà di deresponsabilizzarsi, vuole anche evitare il confronto con eventuali sensi di colpa? Io, forse ingenuamente, penso che se un giudice applica la legge correttamente possa anche dimostrarne la corretta applicazione, in particolare se è un altro giudice a chiedergliene conto. Se un magistrato ammette l’assoluta indeterminatezza della valutazione del reato o della sentenza siamo fritti.

4. “con il rischio di scegliere la strada indicata da sentenze già emesse , piuttosto che contribuire all’evoluzione del diritto”. Secondo il giudice è un rischio(quale?) scegliere la strada indicata da sentenze già emesse. Ma la giustizia è creativa? Se la risposta è sì a maggior ragione ben venga la responsabilità civile dei magistrati. Un esempio di giustizia creativa è verificabile in questi giorni confrontando il diverso atteggiamento della magistratura nel considerare i casi del partito della Margherita e quello della Lega Nord. Per non essere condizionato da appartenenza politica riprendo il dubbio di Antonello Giacomelli ex di Democrazia e Libertà (area Rutelli) dal Giornale 18.5.2012: “ Perché in due casi così simili le imputazioni sono così diverse, e per Lusi parla di appropriazione indebita mentre per la Lega si ipotizza la truffa aggravata allo Stato?”





Roberto Cadonati

18.5.2012

Astensionismo


Astensionismo



Da tempo si discute sull'incremento delle astensioni al voto, un fenomeno rilevante in Italia dove la percentuale dei votanti è comunque elevata rispetto a molti altri paesi nel mondo. Le analisi dei notisti politici e dei vari politologi si rifanno ai moti dell’anticasta e dell’antipolitica, attribuendo in particolare la disaffezione politica alla perdita di credibilità' dei partiti. Ritengo abbastanza banale e comodo cavalcare l’onda attuale utilizzandola per spiegare tutto e il contrario di tutto. Senza negare la responsabilità della politica e dei partiti politici occorre ammettere che la disaffezione è verso le istituzioni democratiche, di cui i partiti fanno la parte del leone ma che include i vari poteri delegati dalla democrazia rappresentativa.

La popolazione si astiene dal voto perché e' stato troppo spesso invalidato, alcune volte dalla protervia politica a difesa dei privilegi ma molto più spesso la volontà degli elettori è stata disattesa e ribaltata da intrighi di palazzo che del voto si è fatto beffe. Il governo attuale, ad esempio, non è quello che il popolo ha proposto col suo voto, non è investito in base al mandato elettorale ricevuto alle elezioni dove tra l’altro sulla scheda era indicato espressamente chi dovesse essere il premier. Il governo attuale è il governo di Napolitano non del popolo, la maggioranza che sostiene il governo attuale non e' quella emersa dalle urne ma quella che si e' resa disponibile a sostenere il governo da lui voluto e sostenuto.

Coloro che avevano sostenuto col voto la coalizione di centrodestra che non si ritrovano né la maggioranza né il premier indicato sulla scheda perché mai dovrebbero perdere tempo per recarsi alle urne sapendo che del loro voto si può bellamente fare strame?


Roberto Cadonati


Bergamo 17.5.2012

venerdì 11 maggio 2012

Origini e motivazioni della crisi europea

ORIGINI E MOTIVAZIONI DELLA CRISI EUROPEA

Da Mani Pulite al governo Amato

La drammaticità della attuale crisi economica finanziaria, probabilmente la più pesante dopo quella degli anni ’70, è l’ultima di una serie di crisi prodottisi in Italia a partire dagli anni ’90.

Ricordo che nel novembre del 1989 crollava a Berlino il fatidico muro, un evento che ha spostato gli equilibri mondiali e che a mio modesto parere sta alla base degli avvenimenti degli ultimi venti anni.

Per la mastodontica finanza anglo-americana la caduta del muro ha significato lo sdoganamento dai timori verso l’orso sovietico che nella contrapposizione della guerra fredda ha frenava lo slancio alla loro espansione economico finanziaria. Venendo meno il competitore sovietico ha perso significato anche la rete protettiva sociale (welfare) creata dall’apparato capitalista, allo stesso tempo ha perso senso la necessità dei singoli stati di controllare e mantenere mastodontici agglomerati industriali anche in funzione del’apertura verso il libero scambio in libero mercato, processo che oggi viene chiamato col termine globalizzazione.

All’inizio degli anni ’90 lo stato italiano è proprietario dell’IRI, l’istituto di ricostruzione industriale che rappresenta un boccone molto prelibato per le sensibili gole dei corvi dell’alta finanza tenuto conto che all’epoca l’IRI rappresenta la più grande multinazionale mondiale al di fuori degli USA . E’ in questo contesto che prende forma il saccheggio dell’Italia da parte della grande finanza.

Per capire meglio il contesto in cui tutto ciò avviene ricordiamo un po’ di date e di avvenimenti. A gennaio del 1992 viene firmato il trattato di Maastricht che porterà all’inizio del terzo millennio la moneta unica.

Il mese successivo alla firma del trattato prende inizio la stagione di tangentopoli con,l’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa, è il primo siluro lanciato contro la stabilità e la classe politica che da inizio ad un processo sequenziale di destabilizzazione degli equilibri politici e di delegittimazione della classe politica e di annientamento degli ultimi veri condottieri d’industria italiani (cito Gardini e Montedison per tutti) . In questo periodo di giornalieri arresti di politici e industriali, in quadro politico e finanziario destabilizzato, prende forma il progetto di spoliazione dell’industria italiana. Il 2 giugno ’92, al largo di Civitavecchia, sul panfilo Britannia della Regina Elisabetta d’Inghilterra ha luogo una riunione di un gruppo di esponenti delle grandi banche (Barclays, Warburg, Goldman&Sachs..) e di importanti rappresentanti di studi legali della City londinese. Per l’Italia era presente Mario Draghi, allora direttore generale del ministero delle finanze e Beniamino Andreatta. E’ qui che prende forma il disegno (o il complotto?) per mettere l’Italia in ginocchio e comprarsela con poche lire. Al largo di Civitavecchia gli squali della finanza mondiale, con l’avallo degli italiani presenti , decidono di far avviare il processo di privatizzazione dell’impresa pubblica italiana sottraendo di fatto al controllo del governo, quindi del popolo italiano, un patrimonio industriale accumulato nei decenni precedenti, il saccheggio della finanza sul’Italia è stato avviato. Nel settembre dello stesso anno con Giuliano Amato al governo (guarda caso imbarcato nel governo tecnico attuale come super esperto), un tecnico-politico di fede craxiana ma legato alle grandi lobby finanziarie inizia l’attacco speculativo alla lira ed inizia il declassamento dei nostri BOT da parte (indovinate di chi?) della solita Moodys (si proprio lei, come si evince la storia si ripete…) ed inizia la speculazione di George Soros, uno dei finanzieri più ricchi e sinistri al mondo. La coppia di tecnici Giuliano Amato (Premier) e Azeglio Ciampi governatore della Banca d’Italia bruciano 41.000 miliardi di lire nel vano tentativo di difendere la lira (Ah.. i governi tecnici…) che viene comunque svalutata del 30% dopo uscita dallo SME, il “serpente valutario europeo”. Amato e Ciampi pilotano il progetto di predazione dell’industria italiana, con la potente svalutazione della lira la grande finanza anglo-americana può fare shopping industriale e finanziario a prezzi di realizzo.

Nel frattempo continua il processo mediatico di delegittimazione della classe politica che porterà l’allora presidente del consiglio Bettino Craxi all’esilio, seppur dorato, e alla sua morte in Tunisia. Ricordiamo che Craxi è anche l’unico presidente del consiglio che si oppose ai desiderata americani opponendosi all’utilizzo della base di Sigonella.

Le svendite di Draghi e Prodi

Eliminato Craxi che, pur con tutte le responsabilità sulla degenerazione della politica, difese con vigore il patrimonio pubblico italiano, comincia l’attacco con l’aiuto dei media, ormai tutti asserviti e amministrati dalla grande finanza, partono le privatizzazioni giustificate con la necessità di fare cassa pena il mancato accesso all’Europa. A capo del comitato delle privatizzazioni viene nominato, guarda un po’, Mario Draghi, l’uomo delle riunioni sul Britannia, che più che realizzare privatizzazioni “omaggia” a prezzi di realizzo i gioielli industriali di stato. Nella realizzazione del progetto della grande finanza questa ottiene l’appoggio sostanziale della sinistra italiana, ormai schierata a favore della globalizzazione in sostegno degli interessi dei banchieri fiancheggiatori (Bazoli, Passera, Profumo..), insomma dal sostegno dei lavoratori al sostegno dei finanzieri, un grande salto della quaglia che potremmo titolare: From Marx to market.

E con Ciampi presidente del consiglio si apre l’era dei cosiddetti governi dei governatori (della Banca d’Italia) , tecnici in realtà governati dalla finanza. Per giustificare la delegittimazione del popolo occorre passare alla delegittimazione di chi lo rappresenta: i partiti. Il centro di interesse dei governi non è il popolo ma la finanza e l’economia, le stesse banche smettono di finanziare l’impresa che sostiene il popolo attraverso il lavoro, per dedicarsi ad investimenti finanziari, a prodotti finanziari “creativi” come i famigerati prodotti derivati e via discorrendo.

Tra il ’93 3 il ’94 si costituisce il primo governo tecnico puro guidato da Azeglio Ciampi, ex governatore della banca d’Italia, dopo un breve intermezzo del primo governo Berlusconi e quello successivo di un altro governo tecnico presieduto da un altro ex governatore della Banca d’Italia: Lamberto Dini. È a questo punto che appare all’orizzonte uno dei protagonisti centrali di questa trama, Romano Prodi, un altro tecnico, consulente targato Goldman Sachs già due volte a capo dell’IRI. Due settimane prima dell’inizio della campagna elettorale si dimette dal suo ruolo di consulente per l’Europa della Goldman Sachs per essere eletto nella primavera del ’96. Ed è proprio grazie al suo impegno che l’Italia riesce a conquistare un triste record ( non era ancora nata l’epoca dei Tapiri d’oro ma quella dei Tafazzi si….): sui 400 miliardi di dollari del totale delle privatizzazioni a livello mondiale degli anni ’90 quelle italiane, con un picco nel ’97, ammontano a 100 miliardi. Un svendita colossale dei gioielli di famiglia. Vengono cedute TELECOM, una parte di ENEL, una di ENI, IMI, COMIT, BNL insieme ad altre banche e aziende varie. Come si usa in queste circostanze vengono nominati gli advisor e a far la parte del leone indovinate chi è? La Goldman Sachs, la stessa banca per cui ha lavorato Prodi fino all’inizio della campagna elettorale che lo avrebbe portato a palazzo Chigi nel ruolo di “grande privatizzatore”. Magari questo spiega anche le ragioni delle tanto invocate, quanto mai proposte, leggi sui conflitti di interesse.. Ricordiamo che gli anni ’90 si chiusero col governo D’Alema, nato sulla base di una congiura di palazzo motivata dalla necessità di rendere disponibile le basi aeree italiane per l’attacco criminale alla Serbia.

Il nuovo decennio si apre con l’entrata in extremis della Grecia nel club europeo, ottenuta con conti truccati autorevolmente certificati come specchiati dalla solita Goldman& Sachs e prontamente accolta dall’allora presidente della commissione europea Professor Romano Prodi che come abbiamo visto era stato referente della stessa banca. La parcella della Goldman&Sachs per questa operazione costo ad un paese già economicamente malconcio 600 milioni di euro (circa 1200 miliardi delle vecchie lire).

I bilanci "truccati" di Grecia e Italia

L’ammissione della Grecia in queste condizioni si è rivelata una bomba ad orologeria lanciata proditoriamente sulla popolazione e gli stati europei i cui effetti abbiamo tutti avuto modo di provare. Tuttavia su questa operazione hanno potuto allegramente speculare i finanzieri internazionali dal 2010 in poi. Proprio nel gennaio 2011 la Goldman&Sachs, unitamente ad altre banche di Wall Street furono denunciate per il falso sui conti greci, ammesso anche da Cristoforos Sardelis e Spyros Papanicolau responsabili dell’agenzia pubblica ellenica sul debito pubblico.

Nel 2001 si insedia il governo Berlusconi, personaggio anomalo della politica italiana e mai gradito dall’alta finanza, promette una politica liberista che di fatto non sostiene e non arrivando al dunque la partita delle privatizzazioni , sempre tanto attese dalla usurocrazia internazionale, comincia ad offuscarne l’immagine internazionale che diviene sempre più complicata anche se si dimostra prono ad assecondare tutte le iniziative americane e soddisfare gli appetiti dei signori delle guerre.

Nel 2002 entra in vigore la moneta europea ma contemporaneamente l’Italia perde il suo status di paese avanzato ed è costretta ad indebitarsi in valuta straniera (quella europea in teoria ma in pratica in valuta tedesca).

Nel frattempo nel 2002 il prof. Mario Draghi lascia dopo dieci anni la direzione del Ministero delle Finanze e diventa membro Del Committee Worldwide della solita Goldman&Sachs, la banca delle privatizzazioni italiani, dei conti truccati greci e anche dei trucchi sul bilancio italiano di cui ha parlato apertamente in questi giorni il giornale tedesco Der Spiegel ma sottaciuto sotto la coltre di un fragoroso silenzio dal governo Monti e dall’asservita stampa italiana.

Nel 2005 il governatore della Banca d’Italia Fazio è costretto alle dimissioni, ufficialmente per lo scandalo dei “furbetti del quartierino” e il sostegno a Fiorani in realtà attaccato a causa della difesa dell’italianità delle banche ovviamente poco gradita dalla finanza e alle banche internazionali…così dopo qualche anno a dirigere la Goldman&Sachs, Mario Draghi l’uomo del britannia e delle privatizzazioni in saldo, riappare sotto le vesti del salvatore della patria divenendo Governatore della Banca d’Italia.

Dopo la parentesi di un breve governo dell’immarcescibile Prodi che aveva inizialmente svegliato gli appetiti dei predatori finanziari e bancari si torna ad un nuovo governo Berlusconi, quest’ultimo durante il suo mandato stringe rapporti fraterni con Vladimir Putin e mantiene un costante dialogo con il colonnello Gheddafi che si sostanziano con gli accordi South Stream e Green Stream. Ma sono proprio questi rapporti ad irritare buona parte dell’amministrazione USA e dei suoi bracci armati e finanziari.

Nel 2007 inizia la crisi delle Banche USA, nota come la crisi dei “subprime”, con il fallimento della Lehman Brothers i cui titoli erano certificati come sicurissimi (tripla A in gergo) dai soliti advisor. La crisi in realtà sviluppatasi in seguito a vere e proprie truffe bancarie di cui ricordiamo quella clamorosa di Madoff e ai pescicani della finanza “creativa”, dei prodotti derivati e delle alchimie finanziarie senza scrupoli.

La crisi generata negli Stati Uniti dilaga in tutta Europa mettendola in crisi a partire dai paesi economicamente più a rischio: Portogallo, Grecia, Spagna e poi in Italia. Qui si innesta su una situazione politica particolare con il premier Berlusconi sotto scacco della dal circuito mediatico-giudiziario in particolare per la sua intensa e spregiudicata vita sessuale su cui monta anche una campagna giornalistica, per altro legittima, contro la casta politica. Questa campagna condita da una emorragica fuga di notizie, nastri, trascrizioni e altri assolutamente indegna in uno stato di diritto ma che offre il fianco agli attacchi strategici della solita banda (pardon banca) alla finanza e all’industria italiana.

Esplode la bomba greca

E’ nel gennaio del 2010 che la bomba ad orologeria, opportunamente preparata dai tecnici della Goldman&Sachs circa un decennio prima, del debito greco deflagra offrendo ai grandi speculatori internazionali l’opportunità di forti utili facendo leva sui titoli di debito dei paesi più deboli la cui debolezza ben conoscevano avendone certificato( falsificato?) i bilanci Dopo l’attacco all’Irlanda, alla Grecia e al Portogallo si alza il tiro ed inizia l’attacco all’Italia facendo partire la giostra dello spread, storia dei giorni nostri. La giostra dello spread condizionata fortemente dalle agenzie di rating, le stesse che avevano pochissimi giorni prima del fallimento certificato come sicurissime le azioni di Lehman Brothers, e la cui attendibilità non viene messa in dubbio nonostante l’evidenza, viene utilizzata per destituire, con un “golpe” istituzionale Berlusconi e porre alla conduzione del paese la “governance” della solita banda Goldman&Sachs e dei suoi addentellati (leggi circoli supersegreti quali Commissione Trilateral e Bilderberg Group) che agiscono dietro le quinte della politica condizionandone le decisisioni.

Mi rendo conto che questo sintetico resoconto potrebbe far pensare ad un delirio paranoico, una mente bacata dal virus del complottismo, così come mi rendo conto che se vi dicessi che io faccio lo psicologo psicoterapeuta questo non esclude che io ne sia affetto. Tuttavia voglio riportarvi a sostegno di questi ultimi passaggi quanto scritto dalla stampa cosiddetta antiberlusconiana (leggi Fatto Quotidiano) che non può certo scrivere questa notizia per sostenere le ragioni del governo Berlusconi:

“.. il capo italiano della Trilateral ed ex Rettore della Bocconi Carlo Secchi lo dice chiaro e tondo: Monti è uno dei nostri, quando è stato nominato eravamo riuniti”!

“I fatti, poi, rappresentano la prova del nove di questa tesi, visto che tutte le più importanti decisioni di politica economico-finanziaria assunte dal Governo di Monti & C. vanno nell’esatta direzione della filosofia politica di questi circoli, in Italia come in Grecia.

Monti, più che il Capo del Governo italiano, è il Commissario incaricato da Trilateral e Bilderberg, per il tramite burocratico di Napolitano, di sostituire alla democrazia rappresentativa parlamentare la dittatura dell’alta finanza”

L’introduzione dell’euro ha fatto perdere la sovranità agli stati che vi hanno aderito i quali non possono più battere moneta e sono costretti a prendere a prestito il proprio fabbisogno sul mercato consegnandosi così mani e piedi alla speculazione usuraria , sotto questa pressione, che può essere allentata o inasprita dalle lobby finanziarie. Gli stati sono ormai a sovranità limitata sotto la spada di Damocle degli enormi debiti, ci vorrebbero governi forti per far fronte alla situazione, invece la classe politica delegittimata da campagne mediatiche (i media non sono in mano ad editory ma alla finanza che ne fa un uso strumentale ai propri obiettivi, vedi il caso Murdoch) offrono la loro soluzione con l’uomo della provvidenza di turno, il prof. Monti capace di soddisfare contemporaneamente le mire di Golldman&Sachs di cui dal 2005 è advisor., della Trilateral di cui è presidente europeo e del Bildelgerg group . Dopo i colleghi di scrivania Prodi e Draghi, Monti è pronto a soddisfare gli appetiti della Goldman&Sachs, basterà mettere l’Italia così in ginocchio da “costringerla” a vendere i pregiati gioielli di famiglia (Eni, Finmeccanica…) a prezzi di realizzo esattamente come le nobili decadute impegnavano i loro gioielli al Monte dei Pegni.

Come si riesce a dar corso a questo progetto, è presto detto perché storia dei giorni nostri…cerchiamo di procedere con ordine.

Mercoledì 7.11.2011; come riportato da Milano Finanza intorno alle ore 11 partono massicce vendite di titoli di stato italiani, operati dalla Goldmann&Sachs e altre banche collegate facendo così volare il differenziale tra titoli di stato italiano e bund tedeschi (il famigerato spread). Di tutto questo è incolpato il premier Berlusconi, talché qualche politico ha azzardato che bastassero le sue dimissioni per abbassare immediatamente lo spread di 200 punti, i media fiancheggiatori del progetto hanno accompagnato le loro prime pagine con titoli cubitali per la cui sintesi prendiamo il titolo del giornale di Confindustria il Sole 24 ore: Fate presto! ( a mandare via Berlusconi? Ndr).

Dal "dimissionamento" di Berlusconi al governo Monti-Napolitano

L’uomo di Arcore dimissionatio dai mercato in mano alla grande finanza sconta così la sua penitenza per aver avuto rapporti stretti con Gheddafi e siglato l’accordo Green Stream – Gasdotto, dopo essere stato costretto ad allearsi ad una guerra per destituire il tiranno libico ha ben capito che se non voleva fare la stessa fine conveniva farsi da parte. Inoltre ha scontato lo sgarro della sottoscrizione del South Stream con Putin svincolato dal controllo americano. Se il despota libico si è potuto bombardare e massacrare in diretta tv lo stesso non si è potuto con Putin ché, con le sue bombe atomiche, un servizio democratico del genere era molto più rischioso. Se prima della caduta del muro la prassi era: Crisi, guerra armata, insediamento di basi militari, con la caduta del muro la nuova strategia è: crisi politica, crisi finanziaria, basi finanziarie controllate da governi tecnici amici in spregio del popolo.

Il 16.11.2011 si è ufficialmente insediato il governo dei tecnici Goldman&Sachs , come prima è avvenuto in Grecia, il governo che Napolitano ha insediato sottraendo di fatto al popolo la legittimità democratica di scegliersi il governo con le elezioni dirette dei loro rappresentanti. All’elitocrazia dei banchieri viene consegnato il compito di “gestire” il paese in crisi economica, l’obiettivo è però quello di completare il saccheggio( leggasi privatizzazioni) riuscito solo a metà dal governo Prodi anni ’90. Lo ripetiamo a futura memoria gli obiettivi di Goldman&Sachs sono:

ENI ( di cui lo stato possiede una golden share del 31%)

ENEL (come sopra)

FINMECCANICA (al cui attacco sono già partiti tramite magistratura)

UNICREDIT,

ponendo così fine alla pur ridotta autonomia energetica dell’Italia.



Un tempo i colpi di stato si facevano con i carri armati (quelli che Napolitano applaudiva una volta invasa l’Ungheria) o con l’assalto al Palazzo d’Inverno, ora si fanno con la finanza e le banche a colpi di spread, e la politica prona o delegittimata subisce.

Dopo 6 mesi di governo Monti lo spread è agli stessi livelli pre-governo tecnico, il popolo è sfinito l’economia in ginocchio, la gente si suicida perché ridotta sul lastrico ma tutti i media intonano giornalmente il canto: “T’adoriam Monti Divino”

Ma i nodi cominciano a venire al pettine… con l’indebolimento del governo Monti dobbiamo attenderci un altro attacco alla politica, o meglio ad un altro partito politico, dopo quello alla Lega Nord affinchè riprenda quota la fiducia a Monti e possa così ( direttamente o per suo tramite) la Goldman&Sachs guidare il governo prossimo venturo.

Su Opposta Direzione (www.oppostadirezione.altervista.org) del 5.5.2006 a commento delle elezioni del 2006, Andreone (pseudonimo del Dott. Andrea Farhat) scriveva: …A conferma delle alte aspettative della finanza internazionale sul grande privatizzatore Prodi, la Borsa italiana prendendo per buoni gli exit-poll del primo pomeriggio del 10 aprile premiò per due ore le banche italiane in procinto di rapida collocazione all’estero. In attesa che Prodi riesca a mettere insieme la sua precaria squadra di governo, in panchina il dott. Monti, new entry nella formazione della Goldman&Sachs, scalda i muscoli per essere pronto a svolgere il Suo mandato nel governo tecnico prossimo futuro…



Roberto Cadonati

10.5.2012