giovedì 28 febbraio 2013

Dna e indagini giudiziarie








Dna e indagini giudiziarie



Premetto che non ho seguito l’evoluzione delle indagini sul delitto di Yara, ne’ i percorsi investigativi o la loro coerenza. Rilevo che ad ogni delitto assistiamo alla frenetica corsa alle tracce di DNA spesso a scapito di altre strategie d’indagine.

Sarà forse la suggestione dei mitici RIS, delle innumerevoli serie televisive CSI, NCSI, CSI Miami… ma questa fiducia cieca nel responso delle tracce di DNA a me pare francamente mal riposta. Nell’omicidio di Brembate si è superato l’iperbolico. La cieca, e lasciatemi dire bieca, fiducia nel test genetico può portare a mostruosità giuridiche.

Un cittadino può essere indicato come autore di un delitto senza altra prova fattuale o movente a carico. È accaduto che un barista di Liverpool venisse accusato di un delitto avvenuto in Italia sulla sola base della prova del DNA. “Annalisa Vicentini, 24 anni, di Livorno, venne uccisa il 19 agosto scorso a colpi di pistola durante un tentativo di rapina in una pineta tra Quercianella e Castiglioncello, mentre era in auto con un amico, il tipografo livornese Stefano Poli, di 39 anni. Poli affrontò il rapinatore, disarmandolo e mettendolo in fuga dopo una colluttazione in cui era riuscito anche a ferirlo. I carabinieri erano riusciti a prelevare il Dna dell' assassino da tracce di sangue trovate sul calcio della pistola e da tracce di sudore e capelli su un paio d' occhiali. Peter Neil Hankin era stato arrestato il mese scorso perché le sue impronte genetiche - conservate negli archivi di Scotland Yard in quanto pregiudicato per guida in stato di ebbrezza - coincidevano con quelle dell' assassino di Annalisa (…) Il giovane era stato fermato dalla polizia nel pub di Liverpool dove lavora. Tanto il titolare del locale quanto i clienti (20 testimoni) avevano affermato che, nei giorni del delitto, il barista non si era mosso da Liverpool. «Sono quasi svenuto quando mi hanno detto di cosa ero accusato. Nel locale non si sentiva volare una mosca. Tutti sono rimasti impietriti», ha raccontato il barista: «Avevo dozzine di testimoni, ma per loro ero colpevole a causa del Dna. Perfino i magistrati sembravano non credere a quello che sentivano. Come può un barista di Liverpool aver commesso un omicidio in Italia, un paese dove non è mai stato?”(Repubblica 10.3.2003

Come ha spiegato Kary Mullis, il chimico che vinse il Nobel proprio creando la reazione a catena che consente la duplicazione del DNA rendendo possibile il test genetico, i test praticati dai laboratori giudiziari forniscono solo parte della risposta: “Se i primi due numeri di una tessera previdenziale non corrispondono ai miei, puoi dimostrare che la tessera non è mia; ma, se corrispondono, non puoi dimostrare che lo è. Per dimostrarlo servirebbe il numero completo”( Kary Mullis, Ballando nudi nel campo della mente p. 55). Forse ricorderete il caso dell’atleta americano O.J. Simpson, tra le prove rilevate sulla scena del delitto furono rilevate diverse gocce di sangue che non appartenendo alla vittima vennero attribuite all’assassino. I test genetici effettuati dall’accusa vennero attribuiti a Simpson sostenendo così che si trovava sulla scena del delitto. Si trattava della più solida prova a carico dell’indagato. Proprio per la testimonianza resa da Mullis O.J. Simpson non venne condannato. Non è escluso che non possa essere stato lui l’assassino ma quella prova non ha potuto essere ritenuta valida mancando altre prove a carico. Teniamo anche conto che le tracce di DNA che si rilevano non portano con sé la data di emissione. Si possono trovare tracce di DNA di una persona sulla scena del delitto che sono state lasciate prima del delitto. Un criminologo o un laboratorio di criminologia dovrebbero scoprire se le prove raccolte si incastrano tra loro non incastrarle a forza. Se si incastrano da sole sono inconfutabili, ma se si incastrano a forza entriamo nel piano dell’autosuggestione e tanto entusiasmo e sicumera da parte di certi scienziati mi pare francamente fuori luogo. Per giunta a costi sociali altissimi.

Auguro ai genitori di Yara che l’assassino venga scoperto e consegnato alla giustizia, ai criminologi e ai magistrati equilibrio e buon senso.



Roberto Cadonati

Lettera al Corriere Bergamo pubblicata il 24.2.2013



martedì 4 dicembre 2012

Cimitero Islamic




Pubblicata su: Corriere Di Bergamo, Bergamo news e L'eco di Bergamo

CIMITERO ISLAMICO: tra diritti e privilegi



Egregio Direttore,

mi permetto di inviare questa lettera per dare un piccolo contributo alla discussione che in queste ultime settimane si è accesa sul tema dell’apertura del cimitero islamico di Colognola. Premetto che non è mia intenzione entrare nel merito delle questioni amministrative o legali in corso, né tanto meno esprimere un giudizio politico sulla questione.

Da semplice cittadino, dopo aver letto tanti articoli e commenti, voglio esprimere una mia considerazione sul problema.

È “una questione di civiltà, umanità e giustizia” ha ribadito il sindaco Tentorio. Vi sono “i diritti in gioco” ha scritto il Vice Presidente Acli di Bergamo. Numerosi giornalisti parlando del funerale del piccolo Yasin (seppellito grazie ad una deroga del sindaco nel cimitero di Colognola) hanno titolato “Yasin, simbolo del dialogo”. I genitori del piccolo Yasin “Si può vivere uniti e in pace anche se di religioni diverse” e poi ancora “E’ ora che ci si renda conto che questa è l’Italia e che l’amore vince su tutto, anche sugli scontri tra religioni e battaglie politiche”.

Sono frasi molto belle e toccanti queste che ho appena riportato, sono frasi che partono tutte da un presupposto: gli islamici non possono seppellire i propri cari in Italia e soprattutto a Bergamo. Commentando la presenza al funerale dell’Assessore ai servizi sociali, il Presidente della Comunità Islamica Bergamasca, a conferma di quanto sopra riportato, ha detto: “Per noi la convenzione non può aspettare. Ci vediamo costretti a portare le salme dei nostri morti nei paesi d’origine, ma si tratta di cittadini italiani, le cui famiglie vivono qui da anni”.

E se questo presupposto fosse falso? E se l’apertura di una sezione speciale del cimitero islamico in Colognola fosse un privilegio e non un diritto? Mi spiego meglio.

Tutti i cimiteri di Bergamo e d’Italia non sono cimiteri cattolici, sono cimiteri civici dove possono essere seppellite tutte le persone senza distinzione di origine, di cittadinanza e di religione. Pertanto in tutti i reparti del Cimitero Monumentale e degli altri due (Grumello e Colognola) i musulmani possono oggi, ma anche ieri essere tranquillamente seppelliti.

E quindi dove è il problema a Bergamo? È forse impedito a qualcuno che abbia una religione diversa dalla cattolica di seppellire i propri cari? Non mi risulta.

E allora come mai nasce questo equivoco? Come mai si fanno affermazioni tanto toccanti quanto fuorvianti? Per difendere una idea o un progetto, dico io che è tutto il contrario dell’ideale di integrazione che gli stessi rappresentanti della comunità musulmana vogliono far credere.

Infatti la legge italiana dà facoltà e non obbligo ai Comuni di istituire all’interno dei cimiteri civici delle sezioni speciali per i non cattolici, forse nella convinzione che l’integrazione si può conseguire anche condividendo gli spazi all’interno dei cimiteri, senza creare particolari delimitazioni.

In ogni caso, tutte le regole del cimitero civico e sottolineo tutte, devono essere rispettate anche nelle sezioni speciali, in quanto parti integranti del cimitero stesso.

Il fatto che la Comunità Islamica di Bergamo, per esempio, abbia espressamente voluto e ottenuto un accesso con una porta distinta rispetto all’entrata utilizzata da tutti mi fa pensare che non ci sia una volontà di integrazione ma invece una volontà di distinzione e separazione rispetto alla nostra comunità. Le istituzioni devono quindi assecondare tale rivendicazioni ? E piu’ in generale noi tutti intesi come comunità dobbiamo accettare, per paura di essere tacciati di razzismo, tale visione di “ integrazione “ ?

Io penso di no, penso invece che le tematiche dell’integrazione debbono essere strettamente collegate al rispetto delle regole (che debbono valere per tutti ), al principio dell’equita’ e al principio che i fondamenti delle nostra cultura e del nostro “stare insieme” non possono essere derogati per i desideri di alcune minoranze.



R. Cadonati



Bergamo 19.11.2012

venerdì 23 novembre 2012










CIMITERO ISLAMICO: tra diritti e privilegi *



Egregio Direttore,

mi permetto di inviare questa lettera per dare un piccolo contributo alla discussione che in queste ultime settimane si è accesa sul tema dell’apertura del cimitero islamico di Colognola. Premetto che non è mia intenzione entrare nel merito delle questioni amministrative o legali in corso, né tanto meno esprimere un giudizio politico sulla questione.

Da semplice cittadino, dopo aver letto tanti articoli e commenti, voglio esprimere una mia considerazione sul problema.

È “una questione di civiltà, umanità e giustizia” ha ribadito il sindaco Tentorio. Vi sono “i diritti in gioco” ha scritto il Vice Presidente Acli di Bergamo. Numerosi giornalisti parlando del funerale del piccolo Yasin (seppellito grazie ad una deroga del sindaco nel cimitero di Colognola) hanno titolato “Yasin, simbolo del dialogo”. I genitori del piccolo Yasin “Si può vivere uniti e in pace anche se di religioni diverse” e poi ancora “E’ ora che ci si renda conto che questa è l’Italia e che l’amore vince su tutto, anche sugli scontri tra religioni e battaglie politiche”.

Sono frasi molto belle e toccanti queste che ho appena riportato, sono frasi che partono tutte da un presupposto: gli islamici non possono seppellire i propri cari in Italia e soprattutto a Bergamo. Commentando la presenza al funerale dell’Assessore ai servizi sociali, il Presidente della Comunità Islamica Bergamasca, a conferma di quanto sopra riportato, ha detto: “Per noi la convenzione non può aspettare. Ci vediamo costretti a portare le salme dei nostri morti nei paesi d’origine, ma si tratta di cittadini italiani, le cui famiglie vivono qui da anni”.

E se questo presupposto fosse falso? E se l’apertura di una sezione speciale del cimitero islamico in Colognola fosse un privilegio e non un diritto? Mi spiego meglio.

Tutti i cimiteri di Bergamo e d’Italia non sono cimiteri cattolici, sono cimiteri civici dove possono essere seppellite tutte le persone senza distinzione di origine, di cittadinanza e di religione. Pertanto in tutti i reparti del Cimitero Monumentale e degli altri due (Grumello e Colognola) i musulmani possono oggi, ma anche ieri essere tranquillamente seppelliti.

E quindi dove è il problema a Bergamo? È forse impedito a qualcuno che abbia una religione diversa dalla cattolica di seppellire i propri cari? Non mi risulta.

E allora come mai nasce questo equivoco? Come mai si fanno affermazioni tanto toccanti quanto fuorvianti? Per difendere una idea o un progetto, dico io che è tutto il contrario dell’ideale di integrazione che gli stessi rappresentanti della comunità musulmana vogliono far credere.

Infatti la legge italiana dà facoltà e non obbligo ai Comuni di istituire all’interno dei cimiteri civici delle sezioni speciali per i non cattolici, forse nella convinzione che l’integrazione si può conseguire anche condividendo gli spazi all’interno dei cimiteri, senza creare particolari delimitazioni.

In ogni caso, tutte le regole del cimitero civico e sottolineo tutte, devono essere rispettate anche nelle sezioni speciali, in quanto parti integranti del cimitero stesso.

Il fatto che la Comunità Islamica di Bergamo, per esempio, abbia espressamente voluto e ottenuto un accesso con una porta distinta rispetto all’entrata utilizzata da tutti mi fa pensare che non ci sia una volontà di integrazione ma invece una volontà di distinzione e separazione rispetto alla nostra comunità. Le istituzioni devono quindi assecondare tale rivendicazioni ? E piu’ in generale noi tutti intesi come comunità dobbiamo accettare, per paura di essere tacciati di razzismo, tale visione di “ integrazione “ ?

Io penso di no, penso invece che le tematiche dell’integrazione debbono essere strettamente collegate al rispetto delle regole (che debbono valere per tutti ), al principio dell’equita’ e al principio che i fondamenti delle nostra cultura e del nostro “stare insieme” non possono essere derogati per i desideri di alcune minoranze.



Roberto Cadonati



Pubblicato su Corriere della Sera ed. Bergamo e Bergamonews il 22.11.2012

venerdì 18 maggio 2012






La responsabilità civile dei giudici.





Un emendamento del deputato leghista Pini, passato contro il parere del governo tecnico(?) Monti, consente, a chi si senta danneggiato dalla decisione di un giudice in un processo, ad agire direttamente nei confronti del magistrato anzichè, come avviene da sempre, nei confronti dello stato.

Ricordiamo che sulla responsabilità dei giudici si era già espresso favorevolmente il popolo italiano in un referendum che, come altri, leggi finanziamento ai partiti, era stato prontamente aggirato con norme che tuttora disattendono la volontà popolare.

Solo una leggera digressione per rimarcare che tale incongruenza comunicativa segnala una democrazia di facciata, cioè la sua totale assenza sostanziale. Che senso ha consentire un referendum popolare se poi non si dà seguito alla volontà espressa dal voto? Non è forse esprimere, con totale protervia, che le direttive del popolo si seguono solo se gradite e che la volontà dei vari potentati, più o meno ammantati dal sacro velo istituzionale, è ciò che realmente conta?

Di tale protervia si fanno questa volta paladini i magistrati, che, dopo essere riusciti a sventare, direttamente o indirettamente, le direttive referendarie, si oppongono al voto, democraticamente espresso in parlamento, cioè dal popolo che ha nel parlamento i propri rappresentanti, che introduce la norma sulla loro diretta responsabilità.

In un convegno a Bergamo sul tema della responsabilità dei giudici, presente il rappresentante territoriale dell’Anm e un giudice componente del comitato direttivo centrale dell’Anm oltre a rappresentanti politici e di altre istituzioni, il giudice Ezia Maccora afferma: “Il magistrato si trova a decidere tra due parti. Sia che condanni, sia che assolva scontenta per forza una delle due (…) “se passasse il messaggio che il giudice crea danno ogni volta che scontenta qualcuno, l’attività si bloccherebbe (…) non saremmo più sereni nel giudicare con il rischio di scegliere la strada indicata da sentenze già emesse piuttosto che contribuire all’evoluzione del diritto”.

Ora io non sono uno studioso di diritto e non voglio entrare nel merito giurisprudenziale, sono però competente in pragmatica della comunicazione e da questo punto di vista analizzerò il messaggio e i suoi effetti dettagliando la mia analisi.

1. “Il magistrato si trova a decidere tra due parti”: molti di noi, io tra questi, credono che il giudice sia chiamato all’applicazione delle leggi in vigore e non già a decidere in favore di una tra due parti, eventualmente in contesa tra loro, la decisione è “effetto” dell’applicazione della legge e non la causa.

2. “ …se passasse il messaggio che il giudice crea danno ogni volta che scontenta qualcuno, l’attività si bloccherebbe” In questo passaggio abbiamo, ben due violazioni comunicazionali relative alla categoria- modifica del significato-.

i. La prima è un presupposto che è conseguenza dell’affermazione precedente e cioè che la contestazione al giudice sia motivata dalla scontentezza di una delle parti per effetto della decisione del giudice e non già dovuta al fatto che il giudice, attraverso una scorretta o errata interpretazione della legge, danneggi una delle due parti. Il termine scontentare richiama uno stato d’animo di cui sicuramente il giudice non si deve occupare, e il punto in questione non è lo stato d’animo ma la corretta osservanza dei fondamenti del proprio lavoro da parte del giudice stesso. Nel caso opposto si ha un danneggiamento di cui è deve farsi carico colui che lo ha indebitamente prodotto, cosa che avviene per tutte le altre categorie di lavoratori e di professionisti. Anche il vigile urbano quando dà una multa scontenta chi la multa la deve pagare, e il fatto che passi costantemente il messaggio che “il vigile scontenta l’automobilista” non ha mai impedito che il vigile la elevi e che il cittadino possa opporvisi, posto che riesca a dimostrare l’infondatezza della violazione.

ii. La seconda violazione è del tipo causa-effetto. L’affermazione “se passa il messaggiol’attività si bloccherebbe” non è dimostrata: in che modo una idea (del danno) può bloccare una attività? Avete mai visto idee che se vanno per il mondo a incatenare la gente? È chiaro che no! Forse si vuol affermare che i magistrati si bloccherebbero se la norma entrasse in vigore? Non mi risulta che i ricorsi alle contravvenzioni al codice della strada abbiano bloccato l’attività dei vigili, e perché mai dovrebbero (ma è anche vero che neppure per i vigili esiste la responsabilità professionale)

3. “ Non saremmo più sereni nel giudicare” Cioè il giudice vorrebbe/potrebbe, magari serenamente, giudicare colpevole un innocente, così che, oltre alla volontà di deresponsabilizzarsi, vuole anche evitare il confronto con eventuali sensi di colpa? Io, forse ingenuamente, penso che se un giudice applica la legge correttamente possa anche dimostrarne la corretta applicazione, in particolare se è un altro giudice a chiedergliene conto. Se un magistrato ammette l’assoluta indeterminatezza della valutazione del reato o della sentenza siamo fritti.

4. “con il rischio di scegliere la strada indicata da sentenze già emesse , piuttosto che contribuire all’evoluzione del diritto”. Secondo il giudice è un rischio(quale?) scegliere la strada indicata da sentenze già emesse. Ma la giustizia è creativa? Se la risposta è sì a maggior ragione ben venga la responsabilità civile dei magistrati. Un esempio di giustizia creativa è verificabile in questi giorni confrontando il diverso atteggiamento della magistratura nel considerare i casi del partito della Margherita e quello della Lega Nord. Per non essere condizionato da appartenenza politica riprendo il dubbio di Antonello Giacomelli ex di Democrazia e Libertà (area Rutelli) dal Giornale 18.5.2012: “ Perché in due casi così simili le imputazioni sono così diverse, e per Lusi parla di appropriazione indebita mentre per la Lega si ipotizza la truffa aggravata allo Stato?”





Roberto Cadonati

18.5.2012

Astensionismo


Astensionismo



Da tempo si discute sull'incremento delle astensioni al voto, un fenomeno rilevante in Italia dove la percentuale dei votanti è comunque elevata rispetto a molti altri paesi nel mondo. Le analisi dei notisti politici e dei vari politologi si rifanno ai moti dell’anticasta e dell’antipolitica, attribuendo in particolare la disaffezione politica alla perdita di credibilità' dei partiti. Ritengo abbastanza banale e comodo cavalcare l’onda attuale utilizzandola per spiegare tutto e il contrario di tutto. Senza negare la responsabilità della politica e dei partiti politici occorre ammettere che la disaffezione è verso le istituzioni democratiche, di cui i partiti fanno la parte del leone ma che include i vari poteri delegati dalla democrazia rappresentativa.

La popolazione si astiene dal voto perché e' stato troppo spesso invalidato, alcune volte dalla protervia politica a difesa dei privilegi ma molto più spesso la volontà degli elettori è stata disattesa e ribaltata da intrighi di palazzo che del voto si è fatto beffe. Il governo attuale, ad esempio, non è quello che il popolo ha proposto col suo voto, non è investito in base al mandato elettorale ricevuto alle elezioni dove tra l’altro sulla scheda era indicato espressamente chi dovesse essere il premier. Il governo attuale è il governo di Napolitano non del popolo, la maggioranza che sostiene il governo attuale non e' quella emersa dalle urne ma quella che si e' resa disponibile a sostenere il governo da lui voluto e sostenuto.

Coloro che avevano sostenuto col voto la coalizione di centrodestra che non si ritrovano né la maggioranza né il premier indicato sulla scheda perché mai dovrebbero perdere tempo per recarsi alle urne sapendo che del loro voto si può bellamente fare strame?


Roberto Cadonati


Bergamo 17.5.2012